giovedì 31 gennaio 2013

RIFLESSIONI SULLA VIVISEZIONE


PRESENTIAMO QUI ALCUNE INTERESSANTI RIFLESSIONI SULLA VIVISEZIONE A CURA DI ANNA MANNUCCI

Il mito che bisogna sfatare è proprio che l'uso di animali sia di per sé progressista. Già Aleksandr Herzen, figlio dell'omonimo populista russo amico di Mikhaìl Bakunin, nella seconda metà dell'Ottocento scriveva che la vivisezione è la bussola della via verso il progresso. E così si è continuato a dire, a far credere. Come se i lumi avanzassero sul massacro di animali. 
Proporrei invece di paragonare la vivisezione alla tortura e a un rito sacrificale superstizioso.

 L'analogia con la tortura è evidente: si costringe un essere vivente a "dire", a "confessare", quel che si vuole. Le streghe confessavano di volare e di accoppiarsi con il diavolo, gli eretici confessavano di mangiare bambini e così via. Che dicessero il vero o meno era irrilevante, dovevano confermare il volere dei torturatori. Come spesso succede negli esperimenti cosiddetti scientifici. E la tortura ha una lunghissima tradizione, come tradizionale e irrazionale è per molti aspetti la vivisezione. 

Riguardo al secondo aspetto, quello del rito superstizioso: si fa del male agli animali illudendosi che questo liberi noi umani dal male, dal dolore, dalla malattia. L'animale soffre in nostra vece, è un "capro espiatorio", un ratto, un cane, un gatto, un primate "espiatorio". Come se fosse un gioco a somma zero, più gli animali-cavie soffrono, meglio stiamo noi. (E qui ci vorrebbe un lungo discorso su che cosa ha portato davvero salute e benessere, in primis le fogne e l'acqua corrente). Molto significativo il termine con cui i vivisettori definiscono ufficialmente l'uccisione finale dell'animale usato. Non dicono uccisione, ammazzamento, eliminazione. Dicono "sacrificio". L'animale, alla fine "viene sacrificato". Sull'altare della Scienza.